P. Quanto siete buona,
Fata mia,
e quanto bene vi voglio!
FA. Ti voglio bene
anch’io
e se tu
vuoi rimanere con me,
tu sarai il mio fratellino
e io la tua
buona sorellina...
P. Io resterei volentieri...
ma il mio povero babbo?
FA. Ho pensato a tutto.
Il tuo babbo
è stato digià avvertito:
e prima che faccia notte,
sarà qui.
P. Davvero?
gridò Pinocchio,
saltando dall’allegrezza.
P. Allora,
Fatina mia,
se vi contentate,
vorrei andargli incontro!
Non vedo l’ora
di poter dare
un bacio
a quel povero vecchio,
che ha sofferto tanto
per me!
FA. Va’ pure,
ma bada di non ti sperdere.
Prendi la via del bosco,
e sono sicura
che lo incontrerai.
VO. Ecco
il nostro caro Pinocchio!
VO. Come mai sei qui?
GA. Come mai sei qui?
P. È una storia lunga
P. e ve la racconterò
a comodo.
Sappiate però che
l’altra notte,
quando mi avete lasciato solo
sull’osteria,
ho trovato gli assassini
per la strada...
VO. Gli assassini?...
Oh povero amico!
E che cosa volevano?
P. Mi volevano rubare
le monete d’oro.
VO. Infami!...
GA. Infamissimi!
P. Ma io
cominciai a scappare
e loro sempre dietro:
finché mi raggiunsero
e m’impiccarono
a un ramo di quella quercia...
VO. Si può sentir
di peggio?
VO. In che mondo
siamo condannati a vivere!
Dove troveremo
un rifugio sicuro
noi altri galantuomini?
P. Che cosa hai fatto
del tuo zampetto?
VO. Il mio amico
è troppo modesto,
e per questo non risponde.
Risponderò io per lui.
Sappi dunque
che un’ora fa
abbiamo incontrato
sulla strada
un vecchio lupo,
quasi svenuto dalla fame,
che ci ha chiesto
un po’ d’elemosina.
Non avendo noi da dargli
nemmeno una lisca di pesce,
che cosa ha fatto l’amico mio,
che ha davvero
un cuore di Cesare?
Si è staccato
coi denti
uno zampetto
delle sue gambe davanti
e l’ha gettato
a quella povera bestia,
perché potesse sdigiunarsi.
P. Se tutti i gatti
ti somigliassero,
fortunati i topi!...
VO. E ora che cosa fai
in questi luoghi?
P. Aspetto il mio babbo,
che deve arrivare qui
di momento in momento.
VO. E le tue monete d’oro?
P. Le ho sempre in tasca,
meno una
che la spesi
all’osteria del Gambero rosso.
VO. E pensare che,
invece di quattro monete,
potrebbero diventare
domani
mille e duemila!
Perché non dài retta
al mio consiglio?
Perché non vai
a seminarle
nel Campo dei miracoli?
P. Oggi è impossibile:
vi anderò un altro giorno.
VO. Un altro giorno
sarà tardi!...
P. Perché?
VO. Perché quel campo
è stato comprato
da un gran signore,
e da domani in là
non sarà piú permesso
a nessuno
di seminarvi i denari.
P. Quant’è
distante di qui
il Campo dei miracoli?
VO. Due chilometri appena.
Vuoi venire con noi?
Fra mezz’ora sei là:
semini subito
le quattro monete:
dopo pochi minuti
ne raccogli duemila,
e stasera ritorni qui
colle tasche piene.
Vuoi venire con noi?
P. Andiamo pure:
io vengo con voi.
P. E il Campo dei miracoli
dov’è?
VO. È qui a due passi.
VO. Eccoci giunti
VO. Ora
chinati giú a terra,
scava con le mani
una piccola buca nel campo,
e mettici dentro
le monete d’oro.
VO. Ora poi
va’ alla gora qui vicina,
prendi una secchia d’acqua
e annaffia il terreno
dove hai seminato.
P. C’è altro da fare?
VO. Nient’altro
VO.GA. Noi
non vogliamo regali
VO.GA. A noi ci basta
di averti insegnato
il modo di arricchire
senza durar fatica,
e siamo contenti
come pasque.
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