Gli assassini
inseguono Pinocchio;
e dopo averlo raggiunto,
lo impiccano a un ramo
della Quercia grande.
Allora il burattino,
perdutosi d’animo,
fu proprio sul punto
di gettarsi in terra
e di darsi per vinto,
quando, nel girare gli occhi
all’intorno,
vide fra mezzo al verde
cupo degli alberi
biancheggiare in lontananza
una casina candida
come la neve.
P. Se io avessi tanto fiato
da arrivare
fino a quella casa,
forse sarei salvo!
disse dentro di sé.
E senza indugiare un minuto,
riprese a correre
per il bosco
a carriera distesa.
E gli assassini
sempre dietro.
Dopo una corsa disperata
di quasi due ore,
finalmente,
tutto trafelato,
arrivò alla porta
di quella casina
e bussò.
Nessuno rispose.
Tornò a bussare
con maggior violenza,
perché sentiva avvicinarsi
il rumore dei passi
e il respiro
grosso e affannoso
de’ suoi persecutori.
Lo stesso silenzio.
Avvedutosi
che il bussare
non giovava a nulla,
cominciò
per disperazione
a dare calci e zuccate
nella porta.
Allora si affacciò
alla finestra
una bella Bambina,
coi capelli turchini
e il viso bianco
come un’immagine di cera,
gli occhi chiusi
e le mani incrociate sul petto,
la quale,
senza muover punto le labbra,
disse con una vocina
che pareva venisse
dall’altro mondo:
BC. In questa casa
non c’è nessuno.
Sono tutti morti.
P. Aprimi
almeno tu!
gridò Pinocchio
piangendo e raccomandandosi.
BC. Sono morta anch’io.
P. Morta?
; e allora
che cosa fai costí
alla finestra?
BC. Aspetto la bara
che venga
a portarmi via.
Appena detto cosí,
la Bambina disparve,
e la finestra
si richiuse
senza far rumore.
P. O bella Bambina
dai capelli turchini,
gridava
Pinocchio
aprimi per carità.
Abbi compassione
di un povero ragazzo
inseguito dagli assass...
Ma non poté finir la parola,
perché
sentí afferrarsi per il collo,
e le solite due vociacce
che gli brontolarono
minacciosamente:
VOR. Ora non ci scappi piú!
Il burattino,
vedendosi balenare
la morte dinanzi agli occhi,
fu preso da un tremito
cosí forte,
che nel tremare,
gli sonavano
le giunture delle sue
gambe di legno
e i quattro zecchini
che teneva nascosti
sotto la lingua.
VOR.
Dunque?
gli domandarono
gli assassini
vuoi aprirla la bocca,
sí o no?
Ah!
non rispondi?...
Lascia fare:
ché questa volta
te la faremo aprir noi!...
E cavati fuori
due coltellacci
lunghi lunghi e affilati
come rasoi,
zaff e zaff...,
gli affibbiarono
due colpi nel mezzo alle reni.
Ma il burattino
per sua fortuna
era fatto d’un legno durissimo,
motivo per cui le lame,
spezzandosi,
andarono in mille schegge
e gli assassini
rimasero col manico
dei coltelli in mano,
a guardarsi in faccia.
VO. Ho capito
disse allora
un di loro
VO. bisogna impiccarlo!
Impicchiamolo!
GA. Impicchiamolo!
Ripeté l’altro.
Detto fatto,
gli legarono le mani
dietro le spalle,
e,
passatogli un nodo scorsoio
intorno alla gola,
lo attaccarono penzoloni
al ramo di una grossa pianta
detta
la Quercia grande.
Poi si posero là,
seduti sull’erba,
aspettando che il burattino
facesse l’ultimo sgambetto:
ma il burattino,
dopo tre ore,
aveva sempre gli occhi aperti,
la bocca chiusa
e sgambettava piú che mai.
Annoiati finalmente
di aspettare,
si voltarono a Pinocchio
e gli dissero
sghignazzando:
VOG. Addio a domani.
; Quando domani
torneremo qui,
si spera
che ci farai
la garbatezza
di farti trovare
bell’e morto
e con la bocca
spalancata.
E se ne andarono.
Intanto s’era levato
un vento impetuoso
di tramontana,
che soffiando
e mugghiando con rabbia,
sbatacchiava
in qua e in là
il povero impiccato,
facendolo dondolare
violentemente
come il battaglio d’una campana
che suona a festa.
E quel dondolío
gli cagionava
acutissimi spasimi,
e il nodo scorsoio,
stringendosi
sempre piú alla gola,
gli toglieva il respiro.
A poco a poco
gli occhi
gli si appannarono;
e sebbene
sentisse avvicinarsi la morte,
pure sperava sempre
che da un momento all’altro
sarebbe capitata
qualche anima pietosa
a dargli aiuto.
Ma quando,
aspetta aspetta,
vide che
non compariva nessuno,
proprio nessuno,
allora
gli tornò in mente
il suo povero babbo...
e balbettò
quasi moribondo:
P. Oh babbo mio!
; se tu fossi qui!...
E non ebbe fiato per dir altro.
Chiuse gli occhi,
aprí la bocca,
stirò le gambe e,
dato un grande scrollone,
rimase lí
come intirizzito.
🌝 🌞 🌟
Le avventure di Pinocchio
di:
CARLO COLLODI
editore:
Felice Paggi,
Firenze, 1883